Il tuo personaggio in Regression ha tutto dell’ingenua, almeno in apparenza. La tua immagine di ragazza riservata e intelligente è mai stata un ostacolo per la tua carriera?
Il mio scopo è di evitare la ripetizione. E’ una sfida in un’industria dove cercano sempre di relegarti ad un tipo di ruolo predeterminato, che il pubblico si aspetta. Quello che mi interessa? Osare con ruoli non abituali, come questo thriller o la commedia musicale La Bella e la Bestia, il mio sogno di ragazzina. Il ruolo di Angela in “Regression” rappresenta una sfida entusiasmante per un’attrice. Ho passato sei mesi nella sua pelle, ma resta ancora misteriosa ai miei occhi.
Questo film parla della tossicità delle dicerie. Hai affrontato questo problema durante il “Celebgate”, quando degli hacker hanno minacciato di divulgare delle foto di te nuda. Queste foto non sono mai esistite ma la violenza dell’attacco era reale. Come ti proteggi?
All’inizio ero scioccata da questo gossip disgustoso, poi furiosa, riproposta com’era da tutti social e i media. Tendo sempre a pensare che la verità finisce sempre per imporsi quindi lascio che il tempo sistemi le cose. Ma in quel caso, ho odiato essere l’oggetto di quei manipolatori e ho detestato anche che certi media siano stati complici di queste minacce. Quella volta, ho parlato per denunciare questo genere di cose. Se questi attacchi avevano come scopo quello di indebolirmi, hanno fallito! Mi hanno resa più forte.
Hai mai temuto di essere prigioniera del ruolo di Hermione, l’eroina della saga di Harry Potter?
Credo di essermi resa conto da tanto tempo che non potrò mai vincere questa battaglia. Quindi non ho tentato di combattere! La maggior parte della gente mi associerà sempre a quel personaggio. Nessun altro ruolo nella mia carriera mi porterà un tale successo, ho avuto un’occasione incredibile. Ed è anche poco probabile che nel futuro reciterò di nuovo in una saga di otto film. In effetti, sono molto fiera di quel personaggio, l’ho idealizzato ancor prima di interpretarlo. Sono cresciuta con lei, Hermione fa parte di me.
Perché alle volte dici di essere un impostore?
Quando mi ritrovo su un tappeto rosso in un vestito griffato, davanti a cinquecento fans scatenati, non mi dico affato: ‘Sono perfettamente a mio agio qui, mi merito assolutamente tutto questo e sono fantastica!’ [Emma scoppia a ridere] Chi potrebbe pensarlo? D’altro canto, sono arrivata ad un momento della mia vita in cui ho finalmente la sicurezza in me stessa e nelle mie capacità d’attrice. E’ una cosa abbastanza recente. Sono diventata famosa all’improvviso, a nove anni, praticamente dal giorno alla notte. Non ho avuto il tempo di rendermi conto che cosa mi era successo. Una volta diventata adulta, ho dubitato. Ho avuto bisogno di decidere coscientemente se volevo rimanere attrice, assicurarmi che tutto questo non era solo un semplice incidente capitato per caso. Quest’idea mi terrificava.
E’ per questo che hai ripreso gli studi? Avevi bisogno di prendere le distanze dal cinema?
Sì, dovevo allontanarmi da tutta quella follia. Sapete com’è, quest’industria e la fama possono consumarti. Avevo passato più di metà della mia esistenza a vivere la vita di qualcun altro. Ero come in una bolla di vetro, protetta nella mia bolla ma osservata e attesa da milioni di persone all’esterno. Era diventato vitale per me alla fine passare un po’ di tempo a vivere la mia vita, quella vera, per scoprire quello che mi interessava e quale era la mia voce. Avevo bisogno di tempo e di spazio lontano dalle telecamere per poterci arrivare e l’università me l’ha permesso.
Cos’hai scoperto su te stessa?
Ho scoperto che per me è essenziale coltivare amicizie e avere rapporti con persone al di fuori dell’industria cinematografica. Quando giro un film, perdo per forza il contatto con la realtà. Il rischio? Ripiegarsi su se stessi, vedere il proprio universo restringersi, vivere in una campana di vetro e alla fine dei conti dimenticarsi. Non volevo che il mio successo né il mio lavoro mi isolassero. E’ anche per questo motivo che evito di uscire con attori.
Per Emma Watson è davvero possibile avere una vita normale?
Il mio lavoro è tutto fuorché ordinario, lo ammetto, ma, nel quotidiano, combatto per conservare la mia presa sulla realtà. E’ una sfida difficile da sostenere in quei luoghi dove ti infantilizzano al massimo, oppure ti inviano una macchina con un autista, ti vestono, ti servono… Non voglio diventare quel genere di persona. La mia famiglia e i miei amici d’infanzia sono perfetti per riportarmi coi piedi per terra! Non si comportano mai come se fossi la settima meraviglia del mondo. Mi piace che la gente si rivolga a me come a una persona vera. Quando passo del tempo con le persone, quando le metto a loro agio… il mito crolla! Finiscono per dimenticarsi del mio status d’attrice famosa e non vedono altro che Emma, venticinque anni, una ragazza normale.
Come gestisci la fama nel quotidiano?
Ho deciso di essere presente sui social media per condividere le mie battaglie militanti con i miei followers. Lo so che mi espongo a dei post benevolenti… o carichi d’odio, ma non mi lascio influenzare. D’altro canto, la mia vita privata è sacra.
Come sei diventata femminista?
I miei genitori avvocati mi hanno probabilmente trasmesso il loro senso della giustizia. Ma sono anche cresciuta in un ambiente dominato dagli uomini. La prima scuola che ho frequentato era composta per i due terzi da maschi. Inutile precisare che la maggior parte degli insegnanti erano uomini. Sono cresciuta con quattro fratelli, Toby, Alex, David e Andrew. E anche nella saga, Harry Potter, dove ero la sola ragazza dei tre protagonisti. Fino alla pubertà, anch’io sono stata trattata come i ragazzi. Poi all’improvviso, a tredici anni, mi sono accorta di un cambiamento. Dal giorno alla notte, mi sono stati applicati un nuovo insieme di regole e pregiudizi. Tutto questo mi è sembrato profondamente ingiusto. Crescendo, non ho fatto altro che constatare come intorno a me il divario crescesse. Non tutte le donne hanno accesso ai diritti di cui dispongo, la mia coscienza femminista è nata da lì.
Sei ambasciatrice per ONU Donne dal 2014 e hai organizzato la campagna HeForShe per la parità dei sessi. Perché questo impegno?
Quando l’idea per questa campagna HeForShe è nata, mi è sembrata una cosa evidente: era mio dovere agire. Se niente ci sposta allora tra cent’anni saremo allo stesso punto. Non è normale che le donne non abbiano lo stesso posto degli uomini nella società, in politica o in seno all’imprenditoria… La parità dei sessi dev’essere una priorità per tutti, è anche una battaglia degli uomini, abbiamo bisogno di loro.
La rivista Time ti ha inclusa nelle 100 persone più influenti al giorno d’oggi, hai 19,3 milioni di followers su Twitter. Ti rendi conto di essere un esempio per le nuove generazioni?
Spesso ho avuto paura di impegnarmi su certi argomenti perché so che, al minimo passo falso, non mi si farà alcuno sconto. Ma non voglio che la paura di fallire m’impedisca di fare quello che mi sta a cuore. Non sono LA voce di una generazione, ma una tra le altre… E più saremo numerosi e meglio sarà! Quel che è certo, è che c’è stato un prima e un dopo il mio discorso all’ONU per la campagna HeForShe. Non sono più la stessa. Questo ha dato uno scopo, un senso alla mia vita.
La moda secondo Emma:
- IL MIO STILE.“Classico, piuttosto sobrio, ma cerco sempre di aggiungere un tocco di modernità.”
- L’ETICA DELLA MODA. “Ho sempre adorato la moda, ma quest’ambiente, come quello del cinema, veicola molti messaggi sessisti e discriminanti contro i quali bisogna lottare.”
- I MIEI STILISTI PREFERITI. “Quelli che si impegnano in una moda etica e responsabile con la Green Carpet Challenge. Quando mi vesto per un evento, posto su Instagram i miei look e indico la loro provenienza. E’ importante sapere da dove viene quello che indossiamo, come e da chi è stato concepito. Adoro Alberta Ferretti, con cui ho creato una capsule collection ecologica nel 2011, Stella McCartney, Erdem, Tome o Wes Gordon. E le case con un savoir-fare made in Francia come Dior, Givenchy, Maison Michel…”