Per la promozione di Regression, del regista spagnolo Alejandro Amenàbar, la rivista Elle Spain dedica la sua copertina ad Emma Watson, che nel film interpreta Angela Gray; una ragazza dal passato misterioso, che verrà svelato dal detective Bruce Kenne, interpretato da Ethan Hawke.
Bando alle 'ciance', passiamo subito ai bellissimi scatti di Bernardo Doral.
Bando alle 'ciance', passiamo subito ai bellissimi scatti di Bernardo Doral.
"Questo è probabilmente uno dei ruolo o personaggi più difficili che io abbia mai interpretato. Angela è qualcuno che ha avuto una vita veramente difficile. E’ cresciuta in una casa con due tossicodipendenti; suo padre è un alcolizzato e lo è anche sua nonna e sua madre è morta in un incidente automobilistico quando lei era molto piccola. Ha una storia molto complicata."
- Emma Watson sul ruolo in Regression
- Emma Watson sul ruolo in Regression
Gli ultimi scatti, dal backstage, ritraggono il regista e la sua pupilla con una bella dose di affetto reciproco.
“Emma Watson è una donna estremamente intelligente, è molto talentuosa e ha capito il progetto perfettamente. Quando fai un film come questo hai bisogno di complici, persone che capiscono cosa stai cercando di dire. Lei aveva le idee molto chiare quando è arrivata per iniziare le riprese.” - A. Amenàbar |
A seguire l'intervista completa, tradotta gentilmente dal The Emma Watson Archives.
Emma Watson e Alejandro Amenabar
Spiriti liberi
Potrebbero, ma non sono altro che fantasmi. Conducono il successo con l’eleganza di chi se lo è guadagnato. Lei carismatica e intelligente. Lui chiuso e geniale. L’attrice britannica e il regista spagnolo esordiscono il film insieme. Sovrannaturale!“Non credo nei fantasmi, ma nell’idea che il mistero, l’ignoto, il non essere capace di intenderlo del tutto, sia molto importante per la conoscenza umana. Essere curiosi fa prendere ispirazione.”
Paranormale. Come un fenomeno scientificamente inspiegabile. “Alcuni giorni sento che tutto appare come un risultato del destino, e altre volte che la mia vita risulta troppo surrealista, e non lo posso credere.” Emma (Parigi, 1990). Seduta di fronte agli occhi profondi del regista Alejandro Amenabar (Santiago del Chile, 1972) – che la scelse per la protagonista del suo film più recente, “Regression”, insieme a Ethan Hawke – l’attrice britannica definisce così il momento magico che sta vivendo. Il suo incantesimo, da quando da bambina era coprotagonista nella saga di Harry Potter, non ha perso il suo potere. La maturità le ha dato esperienza per fare (bene) altri tipi di film, così come la determinazione nel terminare con successo lo studio della Letteratura Inglese, essere l’ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni Unite, condurre una vita personale interessante senza scandali e interagire elegantemente coi mille fan che la (per)seguono. E su quest’ultimo punto si fa sul serio: due persone incaricate di vegliare sulla sua sicurezza sono volate fino a Londra un giorno prima per pattugliare l’hotel di lusso dove ha luogo la sessione. Qui, tutto in ordine. Quello di Toronto (Canada) è stata un’altra storia. Fin lì si trasferì la troupe per girare questo thriller psicologico di alto voltaggio, dove l’onda dei seguaci dell’attrice hanno rappresentato una sfida per la produzione. Meno male che il savoir-faire del regista, vincitore di un premio Oscar nel 2005 per Mare dentro, sta alla cima del bene e del male: “La città è un luogo straordinario per le sfide, un gran set con una localizzazione incredibile.” Per questa e per i suoi grigi esteriori, di paesaggi, fredda e di forme minacciose, Amenabar muove i fili di un personaggio svantaggiato e orripilante, con le tasche piene di segreti.
Bisogna essere molto coraggiosi per imbarcarsi in un film di paura?
Alejandro: Io da piccolo ero un bambino molto pauroso, ma mi piaceva guardare i film di suspense. Chissà, mettermi dietro la cinepresa è stato un modo per superare le mie paure: della morte, dell’oscurità, del demonio. Tuttavia, non direi che Regression è un film di terrore, ma che tratta della paura stessa e su come dobbiamo disfarcene per affrontare meglio la situazione e trovare la soluzione per la fine del problema.
Emma: A me hanno offerto film di paura in precedenza, però questo è stata la prima cosa che ho voluto fare. E, gran parte, di questa decisione ne ha debito Alejandro, perché per entrare in questi luoghi tenebrosi e sentirlo veramente hai bisogno dell’aiuto di qualcuno in cui confidi e che sai che si va a prendere cura di te mentre vivi questa esperienza, che va a creare un ambiente che ti fa sentire protetta e al sicuro mentre ti porta al termine del lavoro.
In Regression, la psicologia si mette di fronte alla spiritualità. Voi da che parte state? Credete in qualcosa oltre, credete nell’esistenza di Dio?
Alejandro: Quando ho fatto The Others uno degli attori ha commentato dicendo che fosse sicuro che io credessi nei fantasmi. E non è così. Il fatto è che cerco sempre di essere razionale, a pensare a ciò che considero potrebbe essere di più, qualcosa che si può chiamare spiritualismo. E per la cronaca io non sono cresciuto con questo tipo di educazione.
Emma: Io neppure credo nei fantasmi, ma nell’idea che il mistero, l’ignoto, il non essere capace di comprenderlo completamente, sia molto importante per la coscienza umana. Penso che sia bello essere curiosi, perché questo ci permette di prendere ispirazione. E di più, c’è qualcosa di vergognoso quando le persone si approcciano sempre in modo concreto a certe questioni: essere aperti a ciò che può accadere è qualcosa di molto bello.
E così nel vostro caso non sembra così semplice. Com’è essere un personaggio pubblico e, anche, condurre una vita normale?
Emma: Io mi obbligo a fare uno sforzo molto cosciente per riuscirci, perché, se mi lascio trasportare da questa industria, sarebbe molto semplice non tenere i piedi per terra. Essere famosi in questo lavoro significa essere molto isolati dal resto delle persone: si trascorre una grande quantità di ore in macchina, in camere d’albergo… ma a me non interessa molto. Alla fine, ho sempre trovato il modo di connettere con la realtà. Ho preso quattro anni in cui ho fatto solo personaggi secondari e non solo ho vissuto grandi periodi di tempo in cui non sono stata coinvolta nel mondo del cinema, ma sono anche andata all’università. Questo mi ha aiutata molto. Credo che – e questo l’ha visto mia madre quando ero molto giovane – se voglio fare l’attrice, devo essere capace di rimanere una persona con diversi punti di vista. E che le capacità te le forniscono solo le esperienze.
Entrambi vi siete convertiti in icone di cause che superano il vostro lavoro. Alejandro ha tenuto il discorso d’apertura nell’ultimo giorno del Orgoglio Gay a Madrid, che ha celebrato i 10 anni di matrimoni omosessuale in Spagna. Emma è ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni Unite nella campagna He For She per l’uguaglianza di genere e autrice di un discorso che già fatto storia. Questi compiti sono più difficili da affrontare per la responsabilità che comportano?
Alejandro: Io non sono molto fan del far discorsi. Le cose che vorrei dire preferisco condividerle con i miei amici, la mia famiglia… Però ci sono volte che senti che devi farlo. E, va bene, perchè no?
Emma: In generale, io sono una persona molto riservata. E il giorno del discorso per le Nazioni Unite ero molto nervosa. Però a volte senti che hai cose che devi dire. E, se non le dici, sai di non essere sincera con una parte di te. Quello non era una cosa che mi risultava facile né naturale. Comunque tenevo presente che se mi fossi arrischiata, sarei stata più sincera con me stessa e più libera. Mi faceva paura, sì, però contemporaneamente mi è risultato molto liberatorio. Ho pensato di essere stata onesta e che così la gente poteva vedere come sono veramente.
Mostrarti tale e come sei…In Regression sei soggetta alla sensazione che quelli che ti sono vicino – o incluso quelli a cui tieni di più – possono convertirsi nei tuoi peggior nemici. Questo rischio aumenta con la fama?
Alejandro: Io non lo sento come qualcosa di pericoloso. Penso che la possibilità di conoscere tanta gente ti dà l’abilità – o almeno, a me piace pensare di averla – di pensare che in qualcuno puoi confidare. Il fatto che hai molte persone che ti circondano con intenzioni sbagliate ti può succedere tanto se sei famoso come no.
Emma: L’unica cosa è che, se sei conosciuto, ti succede su grande scala, però i temi e i sentimenti sono gli stessi.
Vi siete mai sentiti vittime della sindrome dell’impostore, quel disturbo psicologico transitorio che ti porta a pensare che i tuoi successi non sono frutti del tuo lavoro ma della fortuna?
Alejandro: No, però l’insicurezza forma una parte del nostro lavoro, particolarmente nel caso degli attori. In più, a volte, i miglior risultati provengono da qualcuno che è specialmente insicuro.
Emma: E’ una sensazione molto umana. Molte volte è difficile accettare che i tuoi sogni sono diventati realtà. E ti chiedi perchè quello che sta succedendo a te non è successo a qualcun altro. Perché a te. E’ molto complicato: sono sentimenti difficili da elaborare però a me che sono molto decisa, mi aiutano a lavorare di più per essere meritevole dei privilegi che la vita ha messo nel mio cammino.
Emma, ora che hai terminato gli studi di Letteratura Inglese, è possibile portare alla luce una tua propria sceneggiatura?
Emma: (sospira) Allora, con tutta sincerità, è qualcosa di molto difficile da fare, ed è sicuro che mi porterà a sentirmi abbastanza vulnerabile.
Puoi sempre chiedere a Alejandro dei consigli da veterano…
Emma: (ride) Sì, chissà. Pero credo che lui preferisca trasmettere attraverso di me, che sono attrice, quello che scrive. Alla fine e a capo, una sceneggiatura è la tua voce.
Alejandro: Nel film c’è una scena in bagno tra Emma e Ethan che tengo molto presente, perchè è la prima che abbiamo provato insieme. Ricordo che il primo giorno di riprese noi tre eravamo seduti per terra e abbiamo iniziato a lavorare. E, dunque, Emma ha cominciato a suggerire qualcosa e poi anche Ethan, e per me è stata la collaborazione perfetta, perchè loro due hanno riscritto la scena. E’ stato prezioso. Queste cose accadono.
La vita ti riserva delle sorprese. Vi aspettavate che vi trattasse così?
Alejandro: Io, da quando ero adolescente, sapevo con certezza che volevo dedicarmi a questa attività in qualsiasi maniera. Naturalmente, quando sei giovane hai dei sogni, sogni molto ambiziosi. Io sapevo che volevo trasformarmi in regista e attualmente mi sento fortunato, perchè c’è molta gente che si trova in questa situazione di voler lavorare in qualcosa che per me è un privilegio. Sì, di solito pizzico.
Emma Watson e Alejandro Amenabar
Spiriti liberi
Potrebbero, ma non sono altro che fantasmi. Conducono il successo con l’eleganza di chi se lo è guadagnato. Lei carismatica e intelligente. Lui chiuso e geniale. L’attrice britannica e il regista spagnolo esordiscono il film insieme. Sovrannaturale!“Non credo nei fantasmi, ma nell’idea che il mistero, l’ignoto, il non essere capace di intenderlo del tutto, sia molto importante per la conoscenza umana. Essere curiosi fa prendere ispirazione.”
Paranormale. Come un fenomeno scientificamente inspiegabile. “Alcuni giorni sento che tutto appare come un risultato del destino, e altre volte che la mia vita risulta troppo surrealista, e non lo posso credere.” Emma (Parigi, 1990). Seduta di fronte agli occhi profondi del regista Alejandro Amenabar (Santiago del Chile, 1972) – che la scelse per la protagonista del suo film più recente, “Regression”, insieme a Ethan Hawke – l’attrice britannica definisce così il momento magico che sta vivendo. Il suo incantesimo, da quando da bambina era coprotagonista nella saga di Harry Potter, non ha perso il suo potere. La maturità le ha dato esperienza per fare (bene) altri tipi di film, così come la determinazione nel terminare con successo lo studio della Letteratura Inglese, essere l’ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni Unite, condurre una vita personale interessante senza scandali e interagire elegantemente coi mille fan che la (per)seguono. E su quest’ultimo punto si fa sul serio: due persone incaricate di vegliare sulla sua sicurezza sono volate fino a Londra un giorno prima per pattugliare l’hotel di lusso dove ha luogo la sessione. Qui, tutto in ordine. Quello di Toronto (Canada) è stata un’altra storia. Fin lì si trasferì la troupe per girare questo thriller psicologico di alto voltaggio, dove l’onda dei seguaci dell’attrice hanno rappresentato una sfida per la produzione. Meno male che il savoir-faire del regista, vincitore di un premio Oscar nel 2005 per Mare dentro, sta alla cima del bene e del male: “La città è un luogo straordinario per le sfide, un gran set con una localizzazione incredibile.” Per questa e per i suoi grigi esteriori, di paesaggi, fredda e di forme minacciose, Amenabar muove i fili di un personaggio svantaggiato e orripilante, con le tasche piene di segreti.
Bisogna essere molto coraggiosi per imbarcarsi in un film di paura?
Alejandro: Io da piccolo ero un bambino molto pauroso, ma mi piaceva guardare i film di suspense. Chissà, mettermi dietro la cinepresa è stato un modo per superare le mie paure: della morte, dell’oscurità, del demonio. Tuttavia, non direi che Regression è un film di terrore, ma che tratta della paura stessa e su come dobbiamo disfarcene per affrontare meglio la situazione e trovare la soluzione per la fine del problema.
Emma: A me hanno offerto film di paura in precedenza, però questo è stata la prima cosa che ho voluto fare. E, gran parte, di questa decisione ne ha debito Alejandro, perché per entrare in questi luoghi tenebrosi e sentirlo veramente hai bisogno dell’aiuto di qualcuno in cui confidi e che sai che si va a prendere cura di te mentre vivi questa esperienza, che va a creare un ambiente che ti fa sentire protetta e al sicuro mentre ti porta al termine del lavoro.
In Regression, la psicologia si mette di fronte alla spiritualità. Voi da che parte state? Credete in qualcosa oltre, credete nell’esistenza di Dio?
Alejandro: Quando ho fatto The Others uno degli attori ha commentato dicendo che fosse sicuro che io credessi nei fantasmi. E non è così. Il fatto è che cerco sempre di essere razionale, a pensare a ciò che considero potrebbe essere di più, qualcosa che si può chiamare spiritualismo. E per la cronaca io non sono cresciuto con questo tipo di educazione.
Emma: Io neppure credo nei fantasmi, ma nell’idea che il mistero, l’ignoto, il non essere capace di comprenderlo completamente, sia molto importante per la coscienza umana. Penso che sia bello essere curiosi, perché questo ci permette di prendere ispirazione. E di più, c’è qualcosa di vergognoso quando le persone si approcciano sempre in modo concreto a certe questioni: essere aperti a ciò che può accadere è qualcosa di molto bello.
E così nel vostro caso non sembra così semplice. Com’è essere un personaggio pubblico e, anche, condurre una vita normale?
Emma: Io mi obbligo a fare uno sforzo molto cosciente per riuscirci, perché, se mi lascio trasportare da questa industria, sarebbe molto semplice non tenere i piedi per terra. Essere famosi in questo lavoro significa essere molto isolati dal resto delle persone: si trascorre una grande quantità di ore in macchina, in camere d’albergo… ma a me non interessa molto. Alla fine, ho sempre trovato il modo di connettere con la realtà. Ho preso quattro anni in cui ho fatto solo personaggi secondari e non solo ho vissuto grandi periodi di tempo in cui non sono stata coinvolta nel mondo del cinema, ma sono anche andata all’università. Questo mi ha aiutata molto. Credo che – e questo l’ha visto mia madre quando ero molto giovane – se voglio fare l’attrice, devo essere capace di rimanere una persona con diversi punti di vista. E che le capacità te le forniscono solo le esperienze.
Entrambi vi siete convertiti in icone di cause che superano il vostro lavoro. Alejandro ha tenuto il discorso d’apertura nell’ultimo giorno del Orgoglio Gay a Madrid, che ha celebrato i 10 anni di matrimoni omosessuale in Spagna. Emma è ambasciatrice di buona volontà delle Nazioni Unite nella campagna He For She per l’uguaglianza di genere e autrice di un discorso che già fatto storia. Questi compiti sono più difficili da affrontare per la responsabilità che comportano?
Alejandro: Io non sono molto fan del far discorsi. Le cose che vorrei dire preferisco condividerle con i miei amici, la mia famiglia… Però ci sono volte che senti che devi farlo. E, va bene, perchè no?
Emma: In generale, io sono una persona molto riservata. E il giorno del discorso per le Nazioni Unite ero molto nervosa. Però a volte senti che hai cose che devi dire. E, se non le dici, sai di non essere sincera con una parte di te. Quello non era una cosa che mi risultava facile né naturale. Comunque tenevo presente che se mi fossi arrischiata, sarei stata più sincera con me stessa e più libera. Mi faceva paura, sì, però contemporaneamente mi è risultato molto liberatorio. Ho pensato di essere stata onesta e che così la gente poteva vedere come sono veramente.
Mostrarti tale e come sei…In Regression sei soggetta alla sensazione che quelli che ti sono vicino – o incluso quelli a cui tieni di più – possono convertirsi nei tuoi peggior nemici. Questo rischio aumenta con la fama?
Alejandro: Io non lo sento come qualcosa di pericoloso. Penso che la possibilità di conoscere tanta gente ti dà l’abilità – o almeno, a me piace pensare di averla – di pensare che in qualcuno puoi confidare. Il fatto che hai molte persone che ti circondano con intenzioni sbagliate ti può succedere tanto se sei famoso come no.
Emma: L’unica cosa è che, se sei conosciuto, ti succede su grande scala, però i temi e i sentimenti sono gli stessi.
Vi siete mai sentiti vittime della sindrome dell’impostore, quel disturbo psicologico transitorio che ti porta a pensare che i tuoi successi non sono frutti del tuo lavoro ma della fortuna?
Alejandro: No, però l’insicurezza forma una parte del nostro lavoro, particolarmente nel caso degli attori. In più, a volte, i miglior risultati provengono da qualcuno che è specialmente insicuro.
Emma: E’ una sensazione molto umana. Molte volte è difficile accettare che i tuoi sogni sono diventati realtà. E ti chiedi perchè quello che sta succedendo a te non è successo a qualcun altro. Perché a te. E’ molto complicato: sono sentimenti difficili da elaborare però a me che sono molto decisa, mi aiutano a lavorare di più per essere meritevole dei privilegi che la vita ha messo nel mio cammino.
Emma, ora che hai terminato gli studi di Letteratura Inglese, è possibile portare alla luce una tua propria sceneggiatura?
Emma: (sospira) Allora, con tutta sincerità, è qualcosa di molto difficile da fare, ed è sicuro che mi porterà a sentirmi abbastanza vulnerabile.
Puoi sempre chiedere a Alejandro dei consigli da veterano…
Emma: (ride) Sì, chissà. Pero credo che lui preferisca trasmettere attraverso di me, che sono attrice, quello che scrive. Alla fine e a capo, una sceneggiatura è la tua voce.
Alejandro: Nel film c’è una scena in bagno tra Emma e Ethan che tengo molto presente, perchè è la prima che abbiamo provato insieme. Ricordo che il primo giorno di riprese noi tre eravamo seduti per terra e abbiamo iniziato a lavorare. E, dunque, Emma ha cominciato a suggerire qualcosa e poi anche Ethan, e per me è stata la collaborazione perfetta, perchè loro due hanno riscritto la scena. E’ stato prezioso. Queste cose accadono.
La vita ti riserva delle sorprese. Vi aspettavate che vi trattasse così?
Alejandro: Io, da quando ero adolescente, sapevo con certezza che volevo dedicarmi a questa attività in qualsiasi maniera. Naturalmente, quando sei giovane hai dei sogni, sogni molto ambiziosi. Io sapevo che volevo trasformarmi in regista e attualmente mi sento fortunato, perchè c’è molta gente che si trova in questa situazione di voler lavorare in qualcosa che per me è un privilegio. Sì, di solito pizzico.